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Visualizzazione dei post da 2019

Strenna natalizia

E di nuovo sta per giungere Natale, ancora una volta senza di te, figlio mio.     Cerco di non pensare al passato, di andare avanti (tutti me lo dicono e così deve essere) ma ci sono dei giorni in cui prevale il buio e il vuoto lacerante.   Faccio di tutto per non ricordare i dolci Natali di tu piccolino e gioioso, alle luci, ai colori e  alle canzoni che tanto amavi.   Non voglio pensare, non devo pensare, per questo ho scelto di non tirare giù il vecchio albero dalla mansarda e di comprarne uno nuovo come se questo potesse allontanare un ricordo languido e traditore.   Poi all’improvviso riemerge dal nulla una strenna natalizia, un calco della tua manina paffutella non so più se delle elementari o delle medie e mi accorgo che vano è stato il mio tentativo di non pensare a te.

Il senso di colpa

C’è un tarlo che rode i genitori costretti a convivere con la disabilità e a prendere ogni giorno decisioni difficili: il senso di colpa. Ci si domanda sempre: dove ho sbagliato? Cos’altro avrei potuto fare? Ed ogni attimo la mente rimugina sulle possibili strade alternative che avremmo potuto prendere e non abbiamo preso, sulle scelte immaginate e mai compiute, sui percorsi progettati e mai attivati. Da quando sono nati i gemelli io ho vissuto costantemente con il senso di colpa nonostante abbia dedicato la mia vita a loro, nonostante abbia rifiutato incarichi importanti per non separarmi da loro, nonostante tutto.   Adesso che Mattia non c’è più, da un anno e cinque mesi, non passa giorno della mia vita nel quale non pensi   che avrei potuto fare altre scelte.   Avrei potuto tenerlo sempre con me, oppure avrei potuto non portarlo a casa oppure, quella tragica sera, dargli altro da mangiare.   Avrei potuto buttare via tutti gli psicofarmaci e passare io stessa da folle.  Avr

Principessa

Sono sedici mesi che Mattia ci ha lasciato e da stamani manchi anche tu da questa casa dove vivevi da diciannove anni. Sei uscita di casa con la solita grazia ed eleganza che ti accompagnava da sempre ma ormai stanca, magra, senza forze, claudicante. Un mese fa ci hai fatto stare in pena ed hai trascorso qualche giorno in clinica veterinaria, sapevamo che eri molto anziana. Ce l'hai fatta ma per poco. Ieri sera non riuscivi a mangiare ed hai bevuto pochissimo. Principessa, così aveva voluto chiamarti Mattia, proprio come la cavallina con la quale faceva ippoterapia. Capitasti da noi una sera d'estate mentre stavamo cenando in giardino, un sordo miagolio sotto il tavolo attirò la nostra attenzione: eri tu dolce gattina tigrata, ancora piccolissima. Ti abbiamo subito adottata e sei cresciuta con i gemelli che si prendevano cura di te e tu di loro. Ti abbiamo cercato per tutto il giorno, sotto la pioggia battente e non ti abbiamo trovata. Sarai andata a morire in un posto lontan

Esame di terza media

Nei giorni in cui Benedetto sta terminando il suo percorso alla scuola media ripercorro col ricordo quel momento in cui eri tu, Mattia (insieme al tuo gemello Nico),  a dover sostenere il primo grande esame della vita.  Era un giugno tiepido e profumato. Ricordo il canto delle cicale quando sei uscito correndo da scuola dopo gli orali, indossavi una maglia azzurra con lo stemma dell'Italia ed eri già abbronzato e sorridente, come sempre.  L'anno della terza media è stato per te eccezionale, sembravi pronto per il grande passo verso le superiori e ti immaginavo uomo in un futuro pieno di attesa e di speranza.  Hai fatto un bell'esame e i professori si sono stupiti della tua padronanza del francese, lingua che amavi molto.  Quel giorno siamo andati al mare e sei stato in acqua tutto il pomeriggio e poi il giorno dopo a Vinca, sulle Apuane, dove abbiamo scattato questa foto. Io ero incinta di Benedetto. Di lì a poco si sarebbe scaraventata la tempesta su di noi e in pochi m

Tanti compleanni...

Tanti compleanni sono passati, tante feste organizzate, tanti timori per le tue imprevedibili reazioni ma tanto amore intorno a te. Sei stato fortunata a crescere con un gemello perché non eri mai solo ed anche le tue feste di compleanno non andavano mai deserte. Ricordo il tuo modo di trafugare di nascosto pizzette e pasticcini e il tuo sistema, simpaticamente unico, di riportarne alcune addentate nel vassoio degli ospiti.  Ricordo il tuo rifuggere dai giochi collettivi per ritirarti in silenzio, in solenne osservazione in un angolo, con le tue gambe incrociate e i tuoi riccioli al vento. Niente sfuggiva al tuo sguardo ieratico, niente doveva contaminarti troppo. Eri sempre sopra, eri sempre oltre, mai dentro fino in fondo.  Nel tuo mondo diverso ogni risultato raggiunto era una grande conquista anche imparare a soffiare.  E' stato un lungo percorso ma alla fine ce l'hai fatta grazie alla tua bravissima logopedista Barbara. A cinque anni, finalmente, sei riuscito a spegnere le

Le tue cose

C'è un armadio che non apro da più di un anno. E' lì che sono riposte le tue maglie, i tuoi pantaloni, le tue cose.  Ci ho provato, una volta, ma un odore intenso di te mi ha avvolto e tramortito. Era ancora troppo presto per farlo e così l'ho richiuso.  Nicolò, il tuo gemello, che con te tutto condivideva non mi ha mai chiesto di avere accesso alle tue cose rispettando, forse, quello spazio sacro. Ma da qualche giorno Benedetto, che si sta avviando verso l'adolescenza, mi sta chiedendo il permesso di frugare tra le tue maglie per trovare qualcosa da mettersi. Ho risposto "dopo" e poi di nuovo "dopo".... Non so se ce la farò ad aprire quell'armadio.

Stanotte

Ormai ci incontriamo solo di notte io e te.  Vieni spesso a trovarmi, mi sorridi e mi dici sempre cose importanti. Non hai un'età precisa quando ti palesi, mi appari sempre molto consapevole e parli sensatamente come spesso facevi nei tuoi momenti migliori nei quali nessuno avrebbe potuto pensare che eri autistico.   Nessuna traccia di stereotipie, né di pensieri ossessivi ma solo una grande voglia di stare con me e di rassicurarmi. A volte parliamo anche della tua morte, nei sogni questo è possibile, là dove cade quella sottile linea tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Stanotte ti ho chiesto dove ho sbagliato e cosa avrei potuto fare per te, per non far accadere quello che purtroppo è accaduto. E tu, col sorriso sulle labbra, mi hai risposto: "mamma, hai fatto quello che hai potuto".

Ogni volta...

Ogni volta che vengo a trovarti c'è sempre qualcuno che è arrivato prima di me.    Qualcuno che ti ha conosciuto, qualcuno che ti ha voluto bene nel tuo breve percorso su questa terra.  Mi accolgono, furtive, piccole tracce di passaggi di persone a me ignote: una margherita, una violetta, un papavero, un ramoscello d'olivo o un ovetto pasquale come quello che ho trovato stamani sulla tua candida tomba.   Che il tuo riposo riceva serenità da questi doni gentili. "dormi sepolto in un campo di grano non è la rosa non è il tulipano che ti fan veglia dall’ombra dei fossi ma sono mille papaveri rossi"

L'Addio

Da vari mesi avevo inviato un ricordo di Mattia al Corriere della Sera.  Mi sarebbe piaciuto raccontare brevemente la sua storia  nella rubrica settimanale l'Addio ed avevo ricevuto prontamente una risposta positiva con l'indicazione di tagliare un pezzo dell'articolo per ragioni editoriali. Oggi finalmente il ricordo è stato pubblicato, ad un anno dalla sua scomparsa.  

Anniversario

Non pensavo sareste state così tanti e invece lo siete stati. Avete voluto ricordare Mattia ad un anno di distanza ed era come se ancora lui fosse lì, presente in mezzo a noi. Mamme e babbi di Montalto, parenti, amici e conoscenti al cimitero, in chiesa a casa e poi le tante telefonate... Figlio mio chi ti ha conosciuto non può dimenticare la tua risata fragorosa e la gioia che portavi ovunque con il tuo sguardo dispettoso. In quel martedì santo dello scorso anno te ne sei andato come un angioletto, all'improvviso, senza darci il tempo di salutarci, di prepararci ma soprattutto di aiutarti. Abbiamo assistito inerti alla tua straziante agonia che ci accompagnerà per sempre insieme a quel senso di colpa di chi è stato sopraffatto dall'impotenza.

Ti ho sognato

E' quasi un anno che non ci sei più e stanotte ti ho sognato.  Scendevi dal pullmino correndo e mi venivi incontro.   Come sempre sorridevi e i tuoi capelli riccioluti ondeggiavano ad ogni passo della tua corsetta del tutto personale e indimenticabile.  Avevi le braccia aperte, accoglienti, pronte a stringere me, la tua mamma.  Un maglioncino rosso ti illuminava il volto che voleva dirmi tante cose che non mi ha detto perché al'improvviso mi sono svegliata. Non ho potuto abbracciarti, non ho potuto baciarti, non ho potuto parlarti, sei sparito via di nuovo all'improvviso come un anno fa.  E così ho capito che era notte, una notte ancora molto lunga e che la casa era vuota senza le tue risa e i tuoi canti.

Un Sanremo diverso

Ogni anno per noi Sanremo era una grande festa. Mattia amava la musica, tutta.  Aveva un'innata capacità di memorizzare note e melodie e conosceva un vastissimo repertorio di canzoni di tutti i tipi.  Le imparava  a memoria e lo faceva con una velocità impressionante. Sapeva modulare la voce in maniera variabile a seconda dei generi e la sua voce era molto diversa se cantava Tiziano Ferro (uno dei suoi cantanti preferiti) o una canzona napoletana.   La musica era una delle grandi passioni che Mattia aveva sin da piccolo e lo ha sempre accompagnato fino alla fine. Si addormentava canticchiando e si risvegliava cantando.  Le parole che, a volte, non riusciva a scandire dialogando le pronunciava benissimo se inserite nelle canzoni. Alla scuola materna saliva nella parte più alta dello scivolo e cantava a squarciagola la canzone del partigiano. Era capace di ascoltare, con un’intensità inusuale in un bambino, moltissime canzoni e di memorizzarne al primo ascolto note, melodie e parole

Vuoto

Dieci mesi senza di te, dieci mesi di vuoto.  Un vuoto che stringe l'anima, toglie il respiro, ti fa sentire sola in mezzo agli altri. Un vuoto che non si colma, lacerante e crudele.  I primi giorni non riuscivo a mangiare, a dormire, a leggere, a guardare la tv, ad ascoltare gli altri.  Il mondo mi scorreva accanto ed ero fredda, morta anch'io, come te, nel mio animo febbrile. Solo la mia famiglia, il mio nido, i miei figli, spettatori e vittime dello stesso dolore mi davano conforto.  Poi ho iniziato a fare: a fare cose manuali per colmare quel vuoto: lavavo, pulivo, stiravo...incessantemente. Non volevo avere buchi. Il lavoro, sì il lavoro, i miei ragazzi sono stato molto importanti.  Il loro accettare i miei silenzi, i loro occhi interrogativi quando incontravano i miei sguardi diversi, la loro solidarietà muta e poi pian, piano i loro sorrisi.  Eppure ancora adesso ho bisogno di riempire quel vuoto: corro, mi impegno, leggo, nuoto, scrivo, ma lui riappare sempre

Gli anni di "Emergenzautismo"

Poco più di 10 anni fa mi imbattei in "Emergenzautismo", erano gli anni in cui si cominciavano a capire le grandi potenzialità della rete per mettere in comunicazione persone lontane, esperienze simili, approcci diversi:  era possibile  dialogare contemporaneamente con persone molto lontane eppure molto vicine.    La rete ha cambiato la vita delle persone ed io ho vissuto questo cambiamento in modo tangibile occupandomi dell’autismo di mio figlio.   Quello che subito mi piacque di “Emergeanzautismo” fu l’approccio biomedico al problema autismo.  Finalmente per la prima volta, dopo molti anni non sentivo più le solite storielle centrate su malesseri “psichici” dei malati.  Qui si parlava di disordini organici, di problemi fisici da curare in modo adeguato. L’autismo era visto come un disordine multi-sistemico con anomalie dello sviluppo, della comunicazione, neurologiche, gastrointestinali, endocrine, immunitarie.     Mi inserii nel forum, partecipai attivamente alle dis