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Visualizzazione dei post da agosto, 2018

Con i pugni chiusi

Sono passati cinque mesi e come ogni mattina sono venuta a trovarti.  Ogni tanto trovo dei fiori sulla tomba, dei fiori colorati, non so chi si prenda la briga di omaggiarti in questo modo così bello. Stamani una signora da dietro mi ha sussurato: "io l'ho già salutato Mattia".  Mi sono voltata e le ho chiesto chi fosse.  Mi ha raccontato che aveva conosciuto Mattia quando andava a passeggiare con il padre e che ogni volta che va al cimitero a trovare suo marito passa  a parlare anche con mio figlio. Mi ha detto di essere di origini greche e che sua nonna le raccontava che i bambini nascono con i pugni chiusi perché dentro è depositato il loro destino che va accettato con serenità. Mi ha spiegato che la notte sente i passi di suo marito e io le ho rivelato che a volte mi sembra di udire il respiro di Mattia.  Poi l'ho salutata e me ne sono andata. Mentro uscivo lei continuava a parlare con mio figlio,  ho sentito che gli diceva: "finalmente oggi ho conosciuto la

La "fortezza vuota" e le "mamme frigorifero"

Il 13 marzo del 1990 Bruno Bettelheim si suicidò in un modo orribile. Era un martedì mattina si chiuse a chiave nella sua stanza, ingerì una quantità imprecisata di pillole, si avvolse la testa in un sacco di plastica, lo annodò al collo e si lasciò morire per asfissia. Era considerato uno dei più grandi psicologi dell'infanzia, si vantava di essere allievo di Freud. Nel 1938 era stato internato, in quanto ebreo, nei campi di concentramento prima a Dachau e poi a Buchenwal d. Una vita difficile la sua, molto amato, osannato e poi disprezzato dalla comunità accademica. Abbandonato dai figli negli ultimi anni della sua vita. Deve la sua fortuna ad un libro pubblicato nel 1967: un libro sull'origine dell'autismo infantile che fece il giro del modo, tradotto in italiano con il titolo "La fortezza vuota". In questo testo Bettelheim attribuiva la causa dell’autismo a un rapporto inadeguato tra bambino e madre dovuto all’eccessiva freddezza della

Mamma Paola

Infine mamma Paola si è dovuta arrendere. quando l'ultimo cadavere è stato estratto dalle macerie si è capito che era proprio lui: Mirko.  Un giovane uomo di 31 anni che non andava in vacanza quel giorno maledetto ma era appena entrato al lavoro nella sua Genova quella città che amava molto e che lo aveva visto crescere.  Era felice, raccontano, perché da pochi giorni aveva trovato un lavoro per tre mesi presso l'azienda municipalizzata che si occupa della raccolta dei rifiuti.  Un lavoro vicino casa, un lavoro, sebbene precario, per lui era una cosa importante.  La mamma da martedì 14 agosto non si era più mossa dalle macerie, si era rifiutata di andare a dormire, a mangiare, a raccogliere le sue cose.  Aveva solo accettato di aspettare l'esito delle ricerche sotto una tenda della Croce Rossa. Se ne è stata lì per giorni attendendo prima un miracolo e poi semplicemente un corpo da seppellire. Ora quel che resta del corpo è stato trovato, mamma Paola avrà una tomba sulla