Le domeniche e i giorni festivi sono quelli
più lunghi e più tristi per chi ha un figlio autistico in famiglia. Sino a che
Mattia era piccolo era stato possibile portarlo con noi al cinema, al
ristorante, in pizzeria, poi dopo la paurosa crisi adolescenziale tutto era
diventato più difficile. La situazione imbarazzante poteva verificarsi ovunque, in un attimo una situazione
tranquilla e ordinaria poteva trasformarsi in un inferno. Gettare nel panico un
intero cinema era cosa da nulla per Mattia, rovesciare un tavolo pieno al
ristorante era semplice come bere un bicchier d'acqua, il tutto senza
preavviso, senza una fatto scatenante che ai nostri occhi potesse giustificare
tutto ciò.
Le nostre passeggiate domenicali si
svolgevano là dove occhi indiscreti non potevano vederci. Una delle nostre mete
preferite durante la bella stagione era il Calambrone, lì potevamo fare lunghe
passeggiate accompagnati solo dall’indulgenza della natura. Se Mattia voleva
spogliarsi poteva farlo, se voleva dar luogo a tutte le sue strane bizzarrie
nessuno lo avrebbe osservato e giudicato.
Nostri compagni di viaggio nei pomeriggi invernali trascorsi a camminare
sulla sabbia in riva al mare erano i cani con i loro padroni, anch’essi lontano
dalla folla, anch’essi liberi di sciogliere il loro spirito vitale. Qualche
occhiata, qualche cenno d’intesa ed era perfetta empatia. Mattia aveva paura di
alcuni cani, altri li amava e li avvicinava.
D’estate fino a che i gemelli erano piccoli
il mare era sempre stata la nostra meta preferita. Mattia e Nicolò
trascorrevano le loro giornate in acqua, sapevano nuotare ed avevano un amore
viscerale per il mare. Mattia, in
particolare, amava nuotare fino a dove non sentiva più la sabbia sotto i piedi
ed era capace di stare sospeso per ore.
Era il terrore dei bagnini che temevano che potesse sparire tra le onde
in un attimo ma io non avevo paura, sapevo che quando era stanco sarebbe
tornato a riva. Lo osservavo dalla spiaggia, sembrava un bambino bellissimo e
sano là in mezzo all’azzurro, ogni tanto cantava e riusciva ad essere
dispettoso anche in acqua. Quando qualche
materassino si avvicina a lui (non sempre, talvolta) si divertiva a
rovesciarlo. Quasi tutto lo conoscevano al Bagno Sardegna dove era nato e
cresciuto e tolleravano queste sue stranezze. Altre volte era necessario
spiegare dopo essersi scusati.
Ma dopo i quattordici anni tutto è stato più
difficile: era capace di arrivare sulla spiaggia e rovesciare un’intera fila di
ombrelloni tra lo stupore di chi non poteva capire. A volte si comportava
benissimo e non ci dava alcun problema altre volte, invece, era capace di tutto. Poteva iniziare a spogliarsi in spiaggia o in
mare (quanti costumi abbiamo perso!) ed andare in giro tutto nudo. L’unica soluzione è stata, per un periodo,
quella di tenerlo con tute da sub sulla spiaggia. Altre volte iniziava a
tirarmi i capelli o a colpirmi in modo del tutto inaspettato tanto che doveva
intervenire mio marito per calmarlo. Erano scene assolutamente diseducative e
incomprensibili ai bagnanti (anche nostri amici) che non capivano cosa stesse
succedendo. Vedere una madre che si difende dai colpi del figlio adolescente
mettendosi in posizione fetale, vedere poi lo stesso ragazzo un attimo dopo
riempirla di baci era una cosa che rompeva con la normalità. E tutto avveniva sempre in modo
imprevedibile.
Ho provato per anni a tenere un diario per
capire quali fossero i motivi che portavano Mattia a comportarsi così
improvvisamente ma non ne sono mai venuta a capo. La sua mente malata, la sua
strana maniera di percepire il mondo non l’ho mai compresa fino in fondo
neppure io che sono la sua mamma, io che gli ho dato la vita io che l’ho visto
morire a 26 anni di fronte ai miei occhi.
E così a un certo punto con mio marito
decidemmo che Mattia avrebbe visto il mare solo la mattina o la sera tardi,
quando la spiaggia era semivuota e il mare era tutto per lui. Per il mio amato figlio.
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