27 marzo 2018
Caro Mattia, avevo la tua età quando
sono rimasta incinta di te e del tuo gemello Nicolò. Si è nel pieno della vita a 26 anni e tu ci
hai lasciato troppo presto. Ma la tua
breve vita, piena di sofferenze ma anche di immense gioie, non è stata
vana.
Quando sei nato (anche in quel caso
prematuramente) pesavi solo 1 chilo e mezzo, sei stato il mio primogenito e
ricordo ancora le prime parole che ti ho detto quando ti ho visto così piccolo,
fragile, senza capelli. Ho gridato: “mettetelo subito nell’incubatrice!” e il
medico, il dottor Biver ridendo mi rispose “Signora ci pensiamo noi lei pensi a
partorire l’altro!” Ma io avevo paura,
avevo paura di perderti, una sensazione mi diceva che ti avrei perso presto. Tu per tre anni sei stato il gemello “sano”
quello che cresceva bene, in pochi mesi il tuo volto è stato incorniciato da
una massa di riccioli biondi e i tuoi occhi nocciola leggermente a mandorla,
con le ciglia lunghe ridevano sempre. Eri paffutello, affettuoso, ridanciano. E mentre con il gemello viaggiavamo da Pisa a
Massa, da Roma a Parma a Montecarlo per trovare la giusta cura tu crescevi sano.
Poi a tre anni i primi segni di un
convivente per noi allora sconosciuto: l’autismo. I tuoi giochi ripetitivi, un linguaggio che
stentava a svilupparsi, il tuo ritiro sociale.
Per te allora abbiamo iniziato la via crucis degli ospedali e delle
terapie: Siena, Bologna, Svizzera, cura provenienti dall’America, metodo DAN,
ABA, ippoterapia, musicoterapia e la Stella Maris con cui sei cresciuto e sei
diventato uomo, nella ricerca spasmodica di una cura che non c’era, che non c’è. Intanto tu crescevi ancora bello e con le
tue grandi passioni: la musica, il mare, le passeggiate, i silenzi.
Ti chiamavo (e lo sarai sempre) il
mio piccola Buddha: eri capace di stare per ore di fronte ad una finestra con
le gambe incrociate ad osservare lo stormir delle foglie al passaggio del
vento, o l’orizzonte del mare là dove si confonde con il cielo. Eri buono hai
fatto con noi lunghissimi viaggi in auto, cinema, ristoranti, musei….potevamo
portarti ovunque.
Poi all’improvviso dopo uno splendido
esame di terza media in quell’estate terribile del tuo 14° anno di vita è
entrato a farci compagnia un ospite inatteso: la violenza. Crisi di rabbia
sempre più frequenti, ricoveri e poi purtroppo l’inizio del calvario degli
psicofarmaci. Con alti e bassi sei
arrivato fino al tuo ultimo anno di vita dove i bassi hanno preso il
sopravvento e tu soffrivi molto imprigionato nelle tue costanti ossessioni
mentali e verbali dalle quali non riuscivi più a liberarti.
Ma una cosa voglio dirti Mattia:
chiunque ti ha incontrato ti ha amato e me lo ha dimostrato la fila
ininterrotta di persone che tra ieri e oggi sono venute a salutarti.. Non è
vero che l’autismo è indifferenza, l’autismo è amore. Tu cercavi sempre
abbracci, carezze e baci.
Tu eri amore Mattia, tu lo sarai
sempre.
Con le lacrime mi unisco al tuo dolore....
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