Passa ai contenuti principali

Li chiamo pazienti perché hanno patito

Oggi 15 novembre 2022, ennesima udienza del processo relativo ai maltrattamenti perpetrati nella struttura  di Montalto di Fauglia della Stella Maris.  Ha parlato (tra gli altri) il criminologo dell'Università di Genova Alfredo Verde, consulente del PM  con il compito di visionare i video installati dai carabinieri che nell'estate del 2016,  in meno di quattro mesi di riprese, testimoniarono ben 208 episodi di maltrattamenti  ai danni dei disabili della struttura.

Verde ha evidenziato il modo usuale di gestire i pazienti con tecniche improprie in quella che si autodefinisce una struttura d'eccellenza. Ha parlato del "piacere di fare del male" e del refettorio come di (cito le sue parole) "una specie di teatro collettivo a cui tutti assistevano alla rappresentazione messa quotidianamente in scena senza sentire il bisogno di intervenire". L'indifferenza degli altri, di fronte all'abuso di alcuni rende possibile la perpetuazione del male stesso e testimonia  ancora una volta la  banalità del male. Verde ha citato Foucault e il concetto di "istituzioni totali", ha citato Basaglia e molti altri testi  che corredano la  sua importante relazione tecnica.

E poi si è posto domande semplici che anche noi genitori ci siamo posti: ma se succedeva questo nel pubblico teatro del refettorio cosa poteva succedere nelle segrete stanze invisibili ad altrui occhi?

Ha parlato di atti puramente gratuiti non giustificati da azioni violente da parte dei ragazzi che a volte hanno solo tentato di difendersi e, altre volte, sono stati aizzati proprio dagli operatori (che avrebbero dovuto curarli con gentilezza) ad ingaggiare una lotta coi compagni vicini, il tutto nella totale assenza di supervisione.

Cita ancora le sue parole: "In questa struttura la violenza veniva percepita come normale. L'atmosfera era violenta e anche il 'nocchino' era simbolico perché serviva da monito, per far vedere a tutti cosa sarebbe successo a chi si fosse ribellato".

Verde ha esordito dicendo: li chiamo pazienti perché hanno patito.  Speriamo che la giustizia possa sanare questo patimento.





Commenti

Post popolari in questo blog

La "fortezza vuota" e le "mamme frigorifero"

Il 13 marzo del 1990 Bruno Bettelheim si suicidò in un modo orribile. Era un martedì mattina si chiuse a chiave nella sua stanza, ingerì una quantità imprecisata di pillole, si avvolse la testa in un sacco di plastica, lo annodò al collo e si lasciò morire per asfissia. Era considerato uno dei più grandi psicologi dell'infanzia, si vantava di essere allievo di Freud. Nel 1938 era stato internato, in quanto ebreo, nei campi di concentramento prima a Dachau e poi a Buchenwal d. Una vita difficile la sua, molto amato, osannato e poi disprezzato dalla comunità accademica. Abbandonato dai figli negli ultimi anni della sua vita. Deve la sua fortuna ad un libro pubblicato nel 1967: un libro sull'origine dell'autismo infantile che fece il giro del modo, tradotto in italiano con il titolo "La fortezza vuota". In questo testo Bettelheim attribuiva la causa dell’autismo a un rapporto inadeguato tra bambino e madre dovuto all’eccessiva freddezza della...

L'Addio

Da vari mesi avevo inviato un ricordo di Mattia al Corriere della Sera.  Mi sarebbe piaciuto raccontare brevemente la sua storia  nella rubrica settimanale l'Addio ed avevo ricevuto prontamente una risposta positiva con l'indicazione di tagliare un pezzo dell'articolo per ragioni editoriali. Oggi finalmente il ricordo è stato pubblicato, ad un anno dalla sua scomparsa.  

Per Mattia

27 marzo 2018 Caro Mattia, avevo la tua età quando sono rimasta incinta di te e del tuo gemello Nicolò.   Si è nel pieno della vita a 26 anni e tu ci hai lasciato troppo presto.   Ma la tua breve vita, piena di sofferenze ma anche di immense gioie, non è stata vana.   Quando sei nato (anche in quel caso prematuramente) pesavi solo 1 chilo e mezzo, sei stato il mio primogenito e ricordo ancora le prime parole che ti ho detto quando ti ho visto così piccolo, fragile, senza capelli. Ho gridato: “mettetelo subito nell’incubatrice!” e il medico, il dottor Biver ridendo mi rispose “Signora ci pensiamo noi lei pensi a partorire l’altro!”   Ma io avevo paura, avevo paura di perderti, una sensazione mi diceva che ti avrei perso presto.   Tu per tre anni sei stato il gemello “sano” quello che cresceva bene, in pochi mesi il tuo volto è stato incorniciato da una massa di riccioli biondi e i tuoi occhi nocciola leggermente a mandorla, con le ciglia lunghe ridevano s...