Passa ai contenuti principali

L'imprevedibilità

L’imprevedibilità era uno dei tratti distintivi dell’autismo di Mattia.
Di solito gli autistici sono molto prevedibili, spesso troppo prevedibili. Ho conosciuto bambini che non si mettevano seduti a tavola se non avevano esattamente la stessa sedia, nello stesso posto, con la stessa tovaglia di sempre. Per questi piccoli un sia pur minimo cambiamento è fonte di frustrazione e di crisi. Non che Mattia  non fosse, a suo modo, bisognoso di punti fissi e di certezze ma non in maniera ossessiva. Anzi, nel suo caso, a volte i cambiamenti potevano avere un effetto rigenerante e spingerlo a trovare nuova vitalità per attività che altrimenti lo avrebbero annoiato.
Quando abbiamo fatto l’inserimento alla scuola media e ai docenti erano state presentate le problematicità del ragazzo, essi rimasero poi sbalorditi dalla bravura e dall’attenzione di Mattia nei primi giorni di scuola, tanto che ci chiamarono per chiederci se non avessimo per caso esagerato nella descrizione. In realtà la luna di miele con la nuova scuola durò per poco e poi tornarono a fare capolino i suoi consueti atteggiamenti stereotipici e le sue ossessioni con i forti tratti oppositivi.
L’imprevedibilità di Mattia si è manifestata spesso nel corso della sua crescita diventando, talvolta, oggetto di riso. Ho già raccontato l’episodio del bagno in mare vestito durante le vacanze pasquali a Bibbona, un episodio analogo avvenne alla discesa dal traghetto con il quale ci eravamo recati in vacanza all’Isola dell’Elba. In fila con noi, in maniera composta ed ordinata Mattia del tutto sereno stava aspettando il suo turno per scendere quando, all’improvviso, vide passare una famiglia di tedeschi con la madre capofila che teneva in mano un’invitante lattina di coca-cola aperta. Fu un attimo: mio figlio la vide e  all’improvviso si impadronì della preziosa lattina e se la bevve tutta di fronte all’ignara e spaventata turista.
Mattia aveva cinque anni, noi non avevamo potuto fare nulla perché il gesto fu subitaneo. Non ci rimase che chiedere scusa.
Un’altra volta, avrà avuto nove anni, eravamo andati a passeggiare in un bel paese delle colline toscane, Chianni, arroccato su un colle dal quale si domina un bellissimo panorama. I gemelli avevano indossato delle scarpe nuove e piuttosto costose e camminavano con gioia sull’erta salita che ci avrebbe portato al piazzale panoramico. Arrivati alla meta ci mettemmo a scrutare l’orizzonte e Mattia con noi nella sua solita posizione di Budda sognante. Ma in un attimo tutto cambiò: una delle belle scarpe nuove fece un volo nel baratro con un lancio velocissimo. Era impossibile recuperarla, un paio di scarpe nuove erano da buttare. Mattia tornò alla macchina scalzo camminando così per un paio di chilometri.
Un episodio analogo avvenne dopo poco tempo sul pulmino che lo portava a scuola. Mattia era seduto tranquillo al suo posto e ad un certo punto trovò il modo di gettare uno stivale dal finestrino in superstrada. Un’auto in corsa pensò a distruggerlo, anche gli stivali erano andati...
Era imprevedibile anche quando decideva di sedersi per terra all’improvviso durante le consuete passeggiate.  Questo, non di rado, ci ha causato diversi problemi soprattutto quando non era più così piccolo da poter essere preso in braccio e spostato di peso da posizioni che potevano rivelarsi molto pericolose.  Un ragazzone di 90 chili se decide di sedersi in mezzo ad una strada molto trafficata non si può spostare con facilità.  E così a volte era necessario aspettare per vari minuti che lui decidesse come e quando riprendere la camminata e per proteggerlo io, suo padre, i suoi fratelli, a volte il nonno lo circondavamo in piedi per segnalare alle auto la presenza di un ostacolo.  Qualcuno ci guardava esterefatto, altri si arrabbiavano. E’ capitato che qualche signore si fermasse, scendesse dall’auto e ci chiedesse se avevamo bisogno di aiuto. 
Era difficile spiegare, chi non vive queste situazioni non può capire.  E poi all’improvviso Mattia si rialzava con gioia e riprendeva la sua marcia a volte silenziosa, a volte canterina.

Commenti

Post popolari in questo blog

La "fortezza vuota" e le "mamme frigorifero"

Il 13 marzo del 1990 Bruno Bettelheim si suicidò in un modo orribile. Era un martedì mattina si chiuse a chiave nella sua stanza, ingerì una quantità imprecisata di pillole, si avvolse la testa in un sacco di plastica, lo annodò al collo e si lasciò morire per asfissia. Era considerato uno dei più grandi psicologi dell'infanzia, si vantava di essere allievo di Freud. Nel 1938 era stato internato, in quanto ebreo, nei campi di concentramento prima a Dachau e poi a Buchenwal d. Una vita difficile la sua, molto amato, osannato e poi disprezzato dalla comunità accademica. Abbandonato dai figli negli ultimi anni della sua vita. Deve la sua fortuna ad un libro pubblicato nel 1967: un libro sull'origine dell'autismo infantile che fece il giro del modo, tradotto in italiano con il titolo "La fortezza vuota". In questo testo Bettelheim attribuiva la causa dell’autismo a un rapporto inadeguato tra bambino e madre dovuto all’eccessiva freddezza della...

L'Addio

Da vari mesi avevo inviato un ricordo di Mattia al Corriere della Sera.  Mi sarebbe piaciuto raccontare brevemente la sua storia  nella rubrica settimanale l'Addio ed avevo ricevuto prontamente una risposta positiva con l'indicazione di tagliare un pezzo dell'articolo per ragioni editoriali. Oggi finalmente il ricordo è stato pubblicato, ad un anno dalla sua scomparsa.  

Per Mattia

27 marzo 2018 Caro Mattia, avevo la tua età quando sono rimasta incinta di te e del tuo gemello Nicolò.   Si è nel pieno della vita a 26 anni e tu ci hai lasciato troppo presto.   Ma la tua breve vita, piena di sofferenze ma anche di immense gioie, non è stata vana.   Quando sei nato (anche in quel caso prematuramente) pesavi solo 1 chilo e mezzo, sei stato il mio primogenito e ricordo ancora le prime parole che ti ho detto quando ti ho visto così piccolo, fragile, senza capelli. Ho gridato: “mettetelo subito nell’incubatrice!” e il medico, il dottor Biver ridendo mi rispose “Signora ci pensiamo noi lei pensi a partorire l’altro!”   Ma io avevo paura, avevo paura di perderti, una sensazione mi diceva che ti avrei perso presto.   Tu per tre anni sei stato il gemello “sano” quello che cresceva bene, in pochi mesi il tuo volto è stato incorniciato da una massa di riccioli biondi e i tuoi occhi nocciola leggermente a mandorla, con le ciglia lunghe ridevano s...