Anche ieri sera ho apparecchiato la tavola per cinque persone poi ho ricordato che ormai da due mesi siamo rimasti in quattro. Mi manchi Mattia, mi manca il tuo sorriso, mi mancano i tuoi abbracci forti fino a farmi mancare il fiato, mi mancano le tua canzoni, mi mancano le tue bizzarrie. Mi manca il tuo sguardo sempre volto verso l'orizzonte lontano, verso mondi che solo tu vedevi. Mi manca la tua capacità di sentire tutte le mie emozioni e i miei sentimenti in un modo empatico e, a volte, imbarazzante. Odio gli psicofarmaci che ti hanno cambiato il carattere, la personalità, il fisico. Odio quel manicomio chimico che ha travolto le nostre vite.
Il 13 marzo del 1990 Bruno Bettelheim si suicidò in un modo orribile. Era un martedì mattina si chiuse a chiave nella sua stanza, ingerì una quantità imprecisata di pillole, si avvolse la testa in un sacco di plastica, lo annodò al collo e si lasciò morire per asfissia. Era considerato uno dei più grandi psicologi dell'infanzia, si vantava di essere allievo di Freud. Nel 1938 era stato internato, in quanto ebreo, nei campi di concentramento prima a Dachau e poi a Buchenwal d. Una vita difficile la sua, molto amato, osannato e poi disprezzato dalla comunità accademica. Abbandonato dai figli negli ultimi anni della sua vita. Deve la sua fortuna ad un libro pubblicato nel 1967: un libro sull'origine dell'autismo infantile che fece il giro del modo, tradotto in italiano con il titolo "La fortezza vuota". In questo testo Bettelheim attribuiva la causa dell’autismo a un rapporto inadeguato tra bambino e madre dovuto all’eccessiva freddezza della...
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